In seguito alla crisi finanziaria del 2008 nasce e si sviluppa negli Stati Uniti il crowdfunding, parente anglofono della colletta.
Le banche smettono di prestare soldi e, allora, prende corpo questo strumento che consente a progetti bene presentati e convincenti di essere finanziati dalle persone. Chi aveva una buona idea e voleva realizzarla, invece di rivolgersi alle banche che avevano chiuso i “rubinetti”, la presentava su una piattaforma di raccolta fondi, tipo Kickstarter, Indiegogo o altre analoghe.
Il proponente aveva la possibilità di fare conoscere la sua idea, rappresentandola in modo adeguato e articolato. Raggiungeva così, in modo efficace, un gruppo di persone di riferimento (la propria community) che erano interessate a “mettere un chip” sull’idea.
Perché?
Perché credevano nel progetto, nelle persone che lo mandavano avanti e avrebbero poi ricevuto in cambio un premio detto anche reward: un prodotto/servizio in anteprima o semplicemente una menzione.
Apro una parentesi.
Volendo essere precisi, nel mondo ideale, per finanziare un nuovo progetto imprenditoriale, a seconda della fase di sviluppo, del rischio assunto e dell’importo richiesto, ci sono più strumenti disponibili: partendo dagli FFF (family, friends and fools - famiglia amici e folli), passando per il seed capital (capitale iniziale o seme), venture capital (capitale di rischio o di ventura) e IPO (offerta pubblica iniziale o quotazione in borsa). La banca commerciale in realtà servirebbe quando non intendiamo cedere quote di capitale o nessuno le vuole comprare. Ma tant’è.
Chiudo la parentesi.
L’Italia arriva qualche anno dopo: nascono piattaforme di varie forme e foggia, che consentono di finanziare i progetti più disparati: dagli aiuti umanitari agli eventi, passando per i giochi ed arrivando anche ai film. C’era addirittura qualcuna di queste che consentiva di farti tu una piattaforma per mettere su il tuo progetto in autonomia, sfruttando l’infrastruttura sviluppata da loro.
Fondamentalmente si sono delineati 4 filoni di seguito sommariamente descritti e che saranno oggetto di un prossimo articolo:
1. il crowdfunding tradizionale c.d. donation, destinato a chi raccoglie fondi dalla folla per un progetto umanitario e/o di utilità sociale. Esempio, una colletta per un progetto umanitario;
2. il crowdfunding c.d. reward, destinato a chi raccoglie fondi per un progetto che ha lo scopo di sviluppare un prodotto o servizio ed in cambio offre ad ogni finanziatore un “premio”;
3. il crowdlending o peer to peer lending (P2P o prestito tra pari), destinato a chi necessita di piccoli prestiti, che vengono erogati da privati ad altri privati attraverso siti di imprese o enti di social lending, che attingono da una raccolta fondi collettiva utilizzata per finanziare “in pool” il singolo richiedente. Ad esempio: per finanziare 1.000 euro ad un richiedente intervengono 50 concedenti con quote da 20 euro. Esiste, però, una interessante variante di questo strumento di crowdlending peer to peer, che finanzia progetti di crescita di PMI di valore attraverso piattaforme regolamentate. I fondi erogati in questo caso sono di maggiore portata e vengono messi a disposizione, con lo stesso meccanismo, da privati finanziatori alla ricerca di opportunità d'investimento;
4. l’equity crowdfunding, destinato a chi intende finanziare un progetto cedendo proprie quote di capitale alla “folla” in cambio di una quota di partecipazione al capitale della “società veicolo”. Il finanziatore diventa così un socio a tutti gli effetti e ha la prospettiva di partecipare agli utili e godere degli eventuali aumenti di valore della società nel tempo.
Proprio quest’ultimo filone è stato quasi immediatamente disciplinato in Italia, prima nazione al mondo, dalla Legge 17 novembre 2012, n. 221 e, quindi, regolamentato dalla Consob, che, a partire dal 2013 ha stabilito le condizioni per accedere a questo tipo di raccolta.
Il regolamento Consob n. 18592 del 26 giugno 2013 ha previsto che per finanziare un progetto, attraverso l’offerta al pubblico di quote della propria società, fosse necessario rispettare determinati requisiti, nonché accreditarsi e seguire una procedura di qualificazione e controllo su piattaforme online autorizzate dalla Consob stessa.
Inoltre, ha stabilito che almeno il 5% delle quote offerte in sottoscrizione dovesse essere sottoscritto da investitori professionali o da altre categorie di investitori, indicate dal regolamento menzionato.
L’equity crowdfunding, inizialmente rivolto alle startup innovative, non aveva riscontrato particolare successo. Grazie alle intervenute modifiche normative, la platea di fruitori di tale strumento è stata ampliata, includendo tutte le piccole e medie imprese.
Tale rinnovato assetto normativo ha stimolato, negli ultimi anni, la comparsa in Italia delle prime piattaforme di Real Estate Equity Crowdfunding o equity crowdfunding immobiliare.
In cosa consiste l’equity crowdfunding immobiliare?
Si tratta di un rassicurante meccanismo strutturato utilizzato per finanziare progetti immobiliari da realizzare, o in corso di realizzazione, mediante la partecipazione al capitale di rischio, che si consolida attraverso l’acquisizione da parte dell’investitore di quote con diritti patrimoniali, ma senza diritto di voto (c.d. quote di tipo B, C, etc). La durata del finanziamento può variare da qualche mese fino ad un massimo di circa 3 anni.
Come funziona il meccanismo?
Il proponente, cioè l’impresa, che vuole fare finanziare la propria iniziativa immobiliare, si rivolge ad una piattaforma accreditata dalla CONSOB presentando il proprio progetto, insieme ad una serie di altri documenti. Affronta così un determinato percorso di valutazione, superato il quale, può finalmente lanciare la raccolta di finanziamento sulla piattaforma online, rivolgendosi al pubblico iscritto alla stessa.
Le informazioni principali che mostrerà sono:
• presentazione del progetto
• importo minimo da finanziare
• soglia investimento minimo
• ROI redditività annualizzata
• durata dell’investimento
• ulteriore documentazione tecnica
Quali vantaggi presenta per il proponente?
Il proponente ha la possibilità di accreditarsi e farsi conoscere da una comunità di riferimento, creando un track record, uno storico, che diventa pubblico e dimostrabile. Il progetto che raggiunge l’obiettivo di raccolta minimo, si potrà realizzare nei termini dichiarati e gli investitori otterranno in cambio la partecipazione al capitale sociale nella modalità; viceversa, la somma versata verrà restituita ai finanziatori. Inoltre, il proponente è stimolato a fare bene proprio grazie alla pubblicità del progetto. Ha la possibilità di colmare il suo fabbisogno di liquidità, dovuto alla fase di costruzione, che gli consente di rimandare la vendita degli immobili in un momento successivo, con l’opportunità di vendere ad un prezzo migliore. Infine, diventando “famoso” e credibile all’interno della comunità, avrà maggiore facilità nel reperimento di capitali per un progetto futuro.
Con un caveat: se il progetto andasse male e/o fosse mal gestito, l’impatto reputazionale negativo per il proponente sarebbe notevolmente amplificato con immaginabili conseguenze per il suo operare futuro.
E quali vantaggi per l’investitore?
Uno dei principali e fondamentali vantaggi è quello di avere accesso a progetti immobiliari qualificati, ai quali difficilmente potrebbe altrimenti accedere, con una soglia di investimento e rischio contenuti. Normalmente questi progetti offrono la possibilità di investire somme relativamente modeste: da un minimo assoluto di 50 euro con un valore standard che può variare tra i 500 ed i 2.500 euro - è in ogni caso il proponente a decidere questo numero.
Viene facilitato e standardizzato l’accesso a tutta la documentazione relativa all’iniziativa immobiliare che consente di avere informazioni chiare, complete e trasparenti.
Ulteriore vantaggio è quello di ottenere un rendimento che potenzialmente supera, in media, il 10% lordo annuo.
L’equity crowdfunding immobiliare è considerato uno strumento innovativo che sta generando particolare interesse tra gli investitori che vogliono diversificare i propri investimenti e tra i costruttori e operatori immobiliari che vogliono ampliare le proprie forme di raccolta fondi.
È, in ogni caso importante che gli investitori comprendano pienamente i rischi e i vantaggi dell'equity crowdfunding immobiliare prima di investire. Inoltre, è fondamentale scegliere attentamente le piattaforme di crowdfunding e i progetti in cui investire, facendo ricerche adeguate sui proponenti del progetto, sulla loro esperienza e sulle loro strategie di gestione del rischio.
Il segreto per avere successo con l’equity crowdfunding immobiliare è che il progetto sia ben presentato, credibile, coerente, realizzabile e che la richiesta di finanziamento sia congrua rispetto alla platea dei potenziali finanziatori.
Un ulteriore elemento dirimente consiste nel fatto che coloro che presentano il progetto da finanziare, siano persone serie e affidabili con un ottimo “track record” dimostrabile e con una eccellente capacità di gestire consapevolmente tutte le dinamiche dell’operazione. Soprattutto quelle legate ad una seria rendicontazione nei confronti di tutti gli stakeholders e in particolare dei soci senza diritto di voto, detti anche “passeggeri” del progetto.
Bisogna, infine, ricordare sempre di programmare tutto il percorso per tempo, senza dimenticare che nel mondo della finanza vale sempre il detto che l’ombrello te lo danno quando c’è il sole e te lo tolgono quando piove.
da www.walliance.it